sabato 14 marzo 2009

Non potevano mancare, nel sestiere che ne porta il nome, anche alcune leggende relative al patrono di Venezia, San Marco, la più nota delle quali è sull'origine delle parole che il leone alato porta impresse sul suo libro: "PACS TIBI MARCE EVANGELISTA MEUS"; si tratta dell'inizio della frase che un angelo disse in sogno all'evangelista un giorno in cui questi fece naufragio in laguna, nell'odierna zona di San Francesco della Vigna nel corso della sua missione di diffusione della parola di Dio.
"Un giorno - gli disse il divino messaggero - farrai ritorno su queste isole" (HIC REQUIESCET CORPUS TUUM, qui riposerà il tuo corpo). Isole che, ancora oggi, godono della sua presenza e della sua protezione.
Altra vicenda molto nota è quella dell'arrivo del corpo del Santo a Venezia da Alessandria d'Egitto, nell'828. Allora furon due mercanti, Buono da Malamocco e Rustico da Torcello, a trafugare le spoglie dell'evangelista, grazie alla complicità dei due custodi, Staurazio Monaco (evidentemente quel Messer Stauracio che alcune cronache raccontano essere giunto fino a Venezia) e Teodoro Prete.
Non è infatti un periodo tranquillo, per la comunità cristiana della costa egiziana, impegnata in una difficile convivenza coi saraceni.
Da tempo corre voce che i musulmani intendano saccheggiare le chiese, per rendere più ricche le loro moschee: i due custodi temono la profanazione.
E' così che cedono alla proposta di trafugamento dei due veneziani, che dalla loro hanno anche l'antica storia della visione lagunare di San Marco.
Nel corso della notte i due penetrano nella chiesa, tagliano la clamide che avvolge il corpo dell'evangelista all'altezza della schiena e ne sostituiscono le spoglie con quella della Beata Claudia. Per un bel pezzo, nessuno si accorgerà dello scambio. Resta il problema del trasporto fino al porto, e dell'aggiramento della dogana. Ma Buono e Rustico hanno pensato anche a questo: deposto il corpo del santo in una grande cesta, ricoprono la reliquia con dei quarti di maiale, carne considerata immonda dai saraceni, che non ne sostengono nemmeno la vista. Tutto come previsto: le guardie doganali si ritraggono inorridite e il carico può salpare.
E gia un primo miracolo San Marco lo compie durante il viaggio quando, in un a notte buia poco prima che un'improvvisa violenta tempesta si abbatta sulla nave, appare in sogno ad un frate, un certo Domenico di ritorno da un pellegrinaggio in Terra Santa, e gli ordina di svegliare i marinai, affinchè vengano ammainate le vele in fretta e furia.
Il corpo di San Marco, narrano le cronache, viene accolto in città il 31 gennaio 828, ed il doge Giustiniano Partecipazio - su acclamazione del popolo - lo dichiara patrono della città, al posto di San Teodoro, troppo legato al mondo greco e bizantino per essere chiamato a proteggere una città che da quell'impero, un po' per volta e con molta fatica, era riuscita ad affrancarsi.

da A. Toso Fei, Venezia AEnigma, p. 224-225
Foto di Gianni Berengo Gardin

venerdì 13 marzo 2009

Piedi

Canaletto, Campo Santa Maria Formosa

Il Sestier di Castello arriva alla cifra record 6828, in fondamenta Dandolo, ai piedi del ponte Rosso. Dall'altra parte dello stesso ponte, alla fine di calle delle Erbe, il sestier de Canaregio si attesta a quota 6426.
Le pietre del selciato sono incastonate una dietro l'altra, in lunghe file segmentate. Marcano la direzione delle calli, ne sottolineano la fuga prospettica. Di sicuro gli urbanisti le hanno progettate apposta per i bambini, che si divertono a camminare senza calpestare mai le righe di confine fra una riga e l'altra. "Non oltrepassare la linea!" diceva Salvador Dalì riassumendo la legge compositiva della sua pittura, così reazionaria nella forma e così folle nel contenuto della visione. Essere bambini a Venezia significa forse abituarsi a non oltrepassare le linee, a rispettare i contorni delle forme, per sconvolgerne i contenuti? I piedi veneziani fanno finta di ossequiare lo status quo per travisarlo visionariamente? Abbiamo alluci allucinati, talloni esaltati? Guarda che delirio surrealista, che città onirica e assurda siamo stati capaci di mettere in piedi ricombinando follemente un miliardo di parallelepipedi perfettamente ortogonali!
Ogni maségno è un emblema, riprodue in piccolo tutta Venezia, città infitta nel proprio profilo, inesorabilmente segregata dall'acqua, impossibilitata ad espandersi, a travalicare se stessa, impazzita per troppa meditazione, per troppa introspezione. Guarda quante chiese incontri a ogni piè sospinto. Città apparentemente bigotta, di fatto teologicamente anarchica, devota a una pletora di santi e santerelli, adepta di una religione esplosa, disseminata completamente pazza. Ogni maségno è uno stemma senza figure araldiche al suo interno, è uno stemma fatto da una sola campitura grigia, una lavagna cieca, ottusa, senza segni: l'unico disegno di questo sgombro blasone è il suo perimetro. Tu però pestale, le righe dei maségni : percepirai i dislivelli di pochi millimetri attraverso le suole, le sconnessioni delle fessure, le toppe smangiate, i buchi.
C'è un signore francese che le ha pestate da piccolo e se le è ricordate per tutta la vita.

(T. Scarpa, Venezia è un pesce)

giovedì 12 marzo 2009

L'arrivo alla città

Così disposte ai due lati del canale, le abitazioni facevano pensare a luoghi naturali, ma di una natura che avesse creato le proprie opere con un'immagine umana.
Marcel Proust





foto di Paolo Monti

mercoledì 11 marzo 2009

Iosif Brodwskij, l'acqua, il viaggio e.. noi.

"Viaggiare sull'acqua, anche per brevi distanze, ha sempre qualcosa di primordiale. Senti che non dovresti essere lì, e a dirtelo non sono tanto gli occhi, gli orecchi, il naso, il palato o il palmo della mano quanto i piedi, i quali assumono, stranamente, la funzione di un organo dei sensi. L'acqua mette in discussione il principio di orizzontalità, specialmente di notte, quando la sua superficie somiglia al selciato. Per quanto solido sia ciò che lo sostituisce sotto i tuoi piedi - il ponte di una nave - sull'acqua stai un po' più attento che a terra, tutte le tue facoltà sono chiamate a una maggiore vigilanza. Sull'acqua, per esempio, non ti lasci distrarre come per la strada: le gambe ti tengono sotto costante controllo, te e le tue risorse, in costante equilibrio come se tu fossi una specie di bussola. Be', forse questo intensificarsi delle tue risorse, sull'acqua, è davvero un'eco remota e tortuosa dei nostri cari, vecchi cordati. In ogni modo, il senso dell'Altro si acuisce sull'acqua come se fosse sollecitato da un pericolo comune e insieme reciproco. La perdita dell'orientamento non è qualcosa che riguardi soltanto la nautica, è anche una categoria psicologica."
(da I.Brodwskij, Fondamenta degli incurabili, ed. Adelphi,p 17-18).

Questo blog è un diario di bordo.
Intende raccogliere appunti, poesie e foto di un viaggio immaginario che esplora i luoghi vissuti e nascosti della città di Venezia, attraverso gli occhi degli artisti che l'hanno narrata. L'acqua è il luogo dove il tempo sospeso e reale si fondono; da qui ho scelto di iniziare il nostro viaggio.