venerdì 13 marzo 2009

Piedi

Canaletto, Campo Santa Maria Formosa

Il Sestier di Castello arriva alla cifra record 6828, in fondamenta Dandolo, ai piedi del ponte Rosso. Dall'altra parte dello stesso ponte, alla fine di calle delle Erbe, il sestier de Canaregio si attesta a quota 6426.
Le pietre del selciato sono incastonate una dietro l'altra, in lunghe file segmentate. Marcano la direzione delle calli, ne sottolineano la fuga prospettica. Di sicuro gli urbanisti le hanno progettate apposta per i bambini, che si divertono a camminare senza calpestare mai le righe di confine fra una riga e l'altra. "Non oltrepassare la linea!" diceva Salvador Dalì riassumendo la legge compositiva della sua pittura, così reazionaria nella forma e così folle nel contenuto della visione. Essere bambini a Venezia significa forse abituarsi a non oltrepassare le linee, a rispettare i contorni delle forme, per sconvolgerne i contenuti? I piedi veneziani fanno finta di ossequiare lo status quo per travisarlo visionariamente? Abbiamo alluci allucinati, talloni esaltati? Guarda che delirio surrealista, che città onirica e assurda siamo stati capaci di mettere in piedi ricombinando follemente un miliardo di parallelepipedi perfettamente ortogonali!
Ogni maségno è un emblema, riprodue in piccolo tutta Venezia, città infitta nel proprio profilo, inesorabilmente segregata dall'acqua, impossibilitata ad espandersi, a travalicare se stessa, impazzita per troppa meditazione, per troppa introspezione. Guarda quante chiese incontri a ogni piè sospinto. Città apparentemente bigotta, di fatto teologicamente anarchica, devota a una pletora di santi e santerelli, adepta di una religione esplosa, disseminata completamente pazza. Ogni maségno è uno stemma senza figure araldiche al suo interno, è uno stemma fatto da una sola campitura grigia, una lavagna cieca, ottusa, senza segni: l'unico disegno di questo sgombro blasone è il suo perimetro. Tu però pestale, le righe dei maségni : percepirai i dislivelli di pochi millimetri attraverso le suole, le sconnessioni delle fessure, le toppe smangiate, i buchi.
C'è un signore francese che le ha pestate da piccolo e se le è ricordate per tutta la vita.

(T. Scarpa, Venezia è un pesce)

Nessun commento:

Posta un commento